IN EVIDENZA: Società Partecipate – Estensione Vincoli Amministrazioni Pubbliche – Reclutamento Personale – Necessario Esperimento Procedure Concorsuali – Nullità Contratto di Lavoro – Responsabilità Contabile

13 dicembre 2020

La Corte di Cassazione, con la recentissima pronuncia in rassegna, ha inteso ribadire principi oramai pacifici in materia di estensione alle Società Partecipate dei vincoli procedurali imposti alle amministrazioni pubbliche nella fase del reclutamento del personale.

Secondo la Corte, l'erogazione di servizi di interesse generale pone l'esigenza di selezionare secondo criteri di merito e di trasparenza i soggetti chiamati allo svolgimento dei compiti che quell'interesse perseguono.

Dopo aver richiamato i principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità nonché dell'evoluzione del quadro normativo, la Suprema Corte Regolatrice si è soffermata sulle conseguenze derivanti dalla violazione dell'art. 18 d.l. n. 112 del 2008.

In particolare, ha posto l’attenzione sui riflessi della normativa speciale rispetto a quella generale dettata in tema di contratti di lavoro flessibile.

MASSIMA

“…per le società a partecipazione pubblica il previo esperimento delle procedure concorsuali e selettive condiziona la validità del contratto di lavoro, non può che operare il principio richiamato innanzi secondo cui anche per i soggetti esclusi dall'ambito di applicazione del d.lgs. n. 165 del 2001, art. 36, la regola della concorsualità imposta dal legislatore, nazionale o regionale, impedisce la conversione in rapporto a tempo indeterminato del contratto a termine affetto da nullità…l'omesso esperimento delle procedure concorsuali o selettive non genera solo responsabilità contabile a carico dei dirigenti delle società partecipate, posto che l'individuazione del contraente con modalità difformi da quelle prescritte dal legislatore, si risolve nella mancanza in capo a quest'ultimo dei requisiti soggettivi necessari per l'assunzione…”.

MOTIVI

Estensione alle Società Partecipate dei vincoli procedurali imposti alle amministrazioni pubbliche nella fase del reclutamento del personale

Il d.l. n. 112 del 2008, art. 18, convertito con modificazioni dalla L. n. 133 del 2008, nel testo applicabile "ratione temporis" risultante dalle modifiche apportate dalla I. di conversione del d.l. n. 78 del 2009, al comma 1 estende alle società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali i criteri stabiliti in tema di reclutamento del personale dal d.lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 3, ed al comma 2 prescrive alle "altre società a partecipazione pubblica totale o di “controllo" di adottare "con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità".

Il comma 2bis (introdotto dall'art. 19 c. 1 del d.l. 01 luglio 2009 n. 78, convertito, con modificazioni, dalla I. 3 agosto n. 102 del 2009). prevede che "le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui al d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2, e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al regime previsto per l'amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi della I. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 5".

Continua la Corte di Cassazione.

Il legislatore nazionale, pur mantenendo ferma la natura privatistica dei rapporti di Lavoro, sottratti alla disciplina dettata dal d.lgs. n. 165 del 2001, ha inteso estendere alle società partecipate i vincoli procedurali imposti alle amministrazioni pubbliche nella fase del reclutamento del personale, perchè l'erogazione di servizi di interesse generale pone l'esigenza di selezionare secondo criteri di merito e di trasparenza i soggetti chiamati allo svolgimento dei compiti che quell'interesse perseguono.

La veste giuridica dell'ente non è sufficiente a giustificare la totale eliminazione dei vincoli pubblicistici, ove la privatizzazione non assuma anche "connotati sostanziali, tali da determinare l'uscita delle società derivate dalla sfera della finanza pubblica".

La giurisprudenza costituzionale distingue la privatizzazione sostanziale da quella meramente formale (Corte Cost. nn. 29/2006, 209/2015, 55/2017) e sottolinea che in detta seconda ipotesi viene comunque in rilievo l'art. 97 Cost., del quale il d.l. n. 112 del 2008, art. 18, costituisce attuazione, tanto da vincolare il (legislatore regionale ex art. 117 Cost. (Corte Cost. n. 68/2011).

Ancora la Corte Regolatrice.

“In tema di società partecipate le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a pronunciare sul riparto di giurisdizione fra giudice ordinario, contabile ed amministrativo, hanno evidenziato che la partecipazione pubblica non muta la natura di soggetto privato della società la quale, quindi, resta assoggettata al regime giuridico proprio dello strumento privatistico adoperato, salve specifiche disposizioni di segno contrario o ragioni ostative di sistema che portino ad attribuire rilievo alla natura pubblica del capitale impiegato e del soggetto che possiede le azioni della persona giuridica”. (cfr. fra le più recenti Cass. S.U. n. 24591/2016 e con riferimento ai rapporti di lavoro Cass. S.U. n. 7759/2017)

Detta ricostruzione sistematica è stata fatta recentemente propria dal legislatore che nel d.lgs. n. 165 del 2016, art. 1, comma 3 (Testo Unico delle società a partecipazione pubblica) ha previsto che "Per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato".

La sorte dei contratti di lavoro

La Cassazione ha proseguito il proprio ragionamento in diritto, soffermandosi sulla sorte dei contratti di lavoro conclusi in violazione della normativa testè richiamata.

In particolare, l’art. 19 richiama al comma 1 "le disposizioni del capo 1, titolo 2, del libro 5 del codice civile, delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi" facendo, però, salve le diverse disposizioni speciali dettate dallo stesso decreto che, per quel che qui rileva, art. 19, comma 2, impone alle società a controllo pubblico di stabilire "criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui al d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 35, comma 3" ed al comma 4 prevede espressamente la nullità dei contratti di lavoro stipulati in difetto dei provvedimenti e delle procedure di cui al comma 2.

E anche.

“Il legislatore del Testo Unico pur ribadendo la non assimilabilità delle società partecipate agli enti pubblici e l'inapplicabilità ai rapporti di lavoro dalle stesse instaurati delle disposizioni dettate dal d.lgs. n. 165 del 2001, ha `previsto significative deroghe alla disciplina generale, che trovano la loro giustificazione nella natura del socio unico o maggioritario e negli interessi collettivi da quest'ultimo curati, sia pure attraverso il ricorso allo strumento societario.”.

Dai principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale di legittimità nonché dell'evoluzione del quadro normativo non si può prescindere nel pronunciare sulle conseguenze che derivano dalla violazione dell'art. 18 d.l. n. 112 del 2008 e sui riflessi della normativa speciale rispetto a quella generale dettata in tema di contratti di lavoro flessibile.

Specifica ancora la Corte:

“Quanto al primo aspetto, premesso che non può dubitarsi del carattere imperativo della disposizione in commento, l'omesso esperimento delle procedure concorsuali previste dal comma 1 e di quelle selettive richiamate nel comma 2 determina la nullità del contratto ai sensi dell'art. 1418 c.c., comma 1, perchè la violazione attiene al momento genetico della fattispecie negoziale e, quindi, la stessa non può essere solo fonte di responsabilità a carico del contraente inadempiente.”.

Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 26724 del 2017), nel delimitare l'ambito delle cosiddette nullità virtuali, hanno osservato che in linea generale occorre tener conto della "tradizionale distinzione tra norme di comportamento dei contraenti e norme di validità del contratto: la violazione delle prime, tanto nella fase prenegoziale quanto in quella attuativa del rapporto, ove non sia altrimenti stabilito dalla legge, genera responsabilità..., ma non incide sulla genesi dell'atto negoziale, quanto meno nel senso che non è idonea a provocarne la nullità".

Hanno precisato che le norme che incidono sulla validità del contratto non sono solo quelle che si riferiscono alla struttura o al contenuto del regolamento negoziale ma anche quelle che "in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni oggettive o soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipulazione stessa del contratto: come è il caso dei contratti conclusi in assenza di una particolare autorizzazione al riguardo richiesta dalla legge, o in mancanza dell'iscrizione di uno dei contraenti in albi o registri cui la legge eventualmente condiziona la loro legittimazione a stipulare quel genere di contratto, e simili; se il legislatore vieta, in determinate circostanze, di stipulare il contratto e, nondimeno, il contratto viene stipulato, è la sua stessa esistenza a porsi in contrasto con la norma imperativa; e non par dubbio che ne discenda la nullità dell'atto per ragioni - se così può dirsi - ancor più radicali di quelle dipendenti dalla contrarietà a norma imperativa del contenuto dell'atto medesimo".

L'omesso esperimento delle procedure concorsuali o selettive non genera solo responsabilità contabile a carico dei dirigenti delle società partecipate, posto che l'individuazione del contraente con modalità difformi da quelle prescritte dal legislatore, si risolve nella mancanza in capo a quest'ultimo dei requisiti soggettivi necessari per l'assunzione.

In merito al rapporto fra procedura concorsuale del d.lgs. n. 165 del 2001, ex art. 35 e contratto di lavoro, si è osservato che "sussiste un inscindibile legame fra la procedura concorsuale ed il rapporto di lavoro con l'amministrazione pubblica, poichè la prima costituisce l'atto presupposto del contratto individuale, del quale condiziona la validità, posto che sia la assenza sia la illegittimità delle operazioni concorsuali si

risolvono nella violazione della norma inderogabile dettata dal d.lgs. n. 165 del 2001, art. 35, attuativo del principio costituzionale affermato dall'art. 97, comma 4, della Carta fondamentale" (Cass. n. 13884/2016).

E ancora.

“Va esclusa la portata innovativa del d.lgs. n. 175 del 2016, airt. 19 comma 4, che, nel prevedere espressamente la nullità dei contratti stipulati in violazione delle procedure di reclutamento, ha solo reso esplicita una conseguenza già desumibile dai principi sopra richiamati in tema di nullità virtuali in quanto sugli effetti del mancato rispetto degli obblighi imposti dal d.l. n. 112 del 2008, art. 18, la giurisprudenza di merito aveva espresso orientamenti opposti, sicchè la nuova normativa assume anche una valenza chiarificatrice della disciplina previgente (sulla possibilità che la norma sopravvenuta, seppure non di interpretazione autentica, possa non essere innovativa.”. (cfr. in motivazione Cass. S.U. n. 18353/2014 e Cass. n. 20327/2016)

Va affermato che per le società a partecipazione pubblica il previo esperimento delle procedure concorsuali e selettive condiziona la validità del contratto di lavoro, non può che operare il principio richiamato innanzi secondo cui anche per i soggetti esclusi dall'ambito di applicazione del d.lgs. n. 165 del 2001, art. 36, la regola della concorsualità imposta dal legislatore, nazionale o regionale, impedisce la conversione in rapporto a tempo indeterminato del contratto a termine affetto da nullità.

Diversamente opinando si finirebbe per eludere il divieto posto dalla norma imperativa che, come già evidenziato, tiene conto della particolare natura delle società partecipate e della necessità, avvertita dalla Corte Costituzionale, di non limitare l'attuazione dei precetti dettati dall'art. 97 Cost., ai soli soggetti formalmente pubblici bensì di estenderne l'applicazione anche a quelli che, utilizzando risorse pubbliche, agiscono per il perseguimento di interessi di carattere generale.

Avv. Pasquale Saffioti

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