Enti territoriali, il Comune non può disporre esoneri dal pagamento del canone unico patrimoniale

08 maggio 2024

Enti territoriali, il Comune non può disporre esoneri dal pagamento del canone unico patrimoniale

“… la normativa in esame impone ai comuni, alle province e alle città metropolitane di disciplinare il canone in parola in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone stesso, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica del valore della tariffa-base indicata dal Legislatore statale all’interno del comma 826 dell’art. 1 della L. n. 160/2019. In altri termini, il Legislatore statale ha attribuito agli Enti territoriali il potere di disciplinare il canone unico patrimoniale in modo da garantire l’invarianza di gettito anche eventualmente attraverso la modifica delle tariffe, così operando un bilanciamento tra la necessità di predeterminazione statuale della tariffa -base, al fine di garantire il rispetto della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost., e l’esigenza di tutelare l’autonomia finanziaria dei singoli Enti territoriali riconosciuta dagli artt. 117, 118 e 119 Cost..

Alla luce di quanto precede, è evidente che un eventuale esonero (totale o parziale) dal pagamento del canone unico patrimoniale comporterebbe una diretta diminuzione delle entrate del bilancio dell’Ente territoriale, in violazione della disciplina recata dall’art. 1, commi 816 e ss., della L. n. 160/2019 che – come anticipato – esige l’invarianza di gettito.”.

 

Il parere in commento è stato espresso dalla Corte dei Conti Puglia – Parere – Deliberazione n. 93/2023/PAR del 31/5/2023.

 

In particolare, la Corte dei Conti si è espressa sull’interpretazione e/o applicazione del combinato disposto delle disposizioni recate dall’art. 1, commi 816 e 817, della L. 27 dicembre 2019, n. 160 (“Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022″).

 

Il quesito “de quo” è riferibile alla  “possibilità o impossibilità per l’Ente di disporre, in riferimento ad una limitata casistica e per periodi temporali ristrettissimi ed in favore di operatori economici privati, l’esonero da un carico fiscale al quale corrisponderebbe una trascurabile diretta diminuzione delle entrate del bilancio dell’Ente, compensata tuttavia dalle rilevanti ricadute economiche positive sull’intera economia cittadina, privata e pubblica e, quindi, in una prospettiva indiretta e di medio-lungo periodo, anche sul bilancio comunale”.

 

 Il canone unico patrimoniale sostituisce, dal 1° gennaio 2021,


Si deve ritenere che, al di fuori delle ipotesi derogatorie esposte, trovi applicazione la disciplina generale di cui all’art. 1, commi 816 e seguenti, della L. n. 160/2019, la quale esclude che l’Ente territoriale possa disporre l’esonero (totale o parziale) dal pagamento del canone unico patrimoniale.

 

 “SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA PUGLIA

La Sezione, composta dai magistrati:
Enrico Torri Presidente
Giovanni Natali Primo Referendario
Nunzio Mario Tritto Referendario
Daniela Piacente Referendario
Lucia Minervini Referendario
Giovanna Olivadese Referendario
Antonio Arnò Referendario
Benedetta Civilla Referendario, relatore
ha adottato la seguente
                                            DELIBERAZIONE

vista la richiesta di parere avanzata dal Comune di Adelfia (BA) del 28.03.2023, assunta in data 29.03.2023 al n. 1921 di protocollo di Segreteria della Sezione;
vista la disposizione del Presidente della Sezione prot. n. 1963 del 30.03.2023, di assegnazione della citata richiesta di parere ai fini della relazione al Collegio;
udito il relatore dott.ssa Benedetta Civilla nella camera di consiglio del 19.05.2023, convocata con ordinanza n. 11/2023;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
                                                   FATTO
Con la nota citata in epigrafe il Sindaco del Comune di Adelfia ha formulato una «Istanza di parere ex art. 7, c. 8, L. n. 131/2003» in ordine alla interpretazione e/o applicazione del combinato disposto delle disposizioni recate dall’art. 1, commi 816 e 817, della L. n. 160/2019 (“Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022″).


In particolare, è stato chiesto alla Sezione di conoscere: «se il dettato legislativo sopra tracciato ed i principi di contabilità pubblica che permeano l’ordinamento italiano consentano all’Ente di disporre l’esonero – in toto o anche solo in parte – dal canone di cui all’art. 1, c. 816, della L. n. 160/2019, allorché l’occupazione di spazi ed aree pubbliche si verifichi in occasione di manifestazioni locali a carattere culturale e/o religioso, aventi breve durata temporale nonché obiettiva e congrua rilevanza per la comunità di riferimento, quale, a titolo esemplificativo la festa patronale di San Trifone, organizzate e/o gestite dal Comune in autonomia e/o con l’ausilio di altri enti pubblici e/o privati senza scopo di lucro».


In proposito, il Comune ha precisato che:


· «il quesito de quo verte sulla possibilità o impossibilità per l’Ente di disporre, in riferimento ad una limitata casistica e per periodi temporali ristrettissimi ed in favore di operatori economici privati, l’esonero da un carico fiscale al quale corrisponderebbe una trascurabile diretta diminuzione delle entrate del bilancio dell’Ente, compensata tuttavia dalle rilevanti ricadute economiche positive sull’intera economia cittadina, privata e pubblica e, quindi, in una prospettiva indiretta e di medio-lungo periodo, anche sul bilancio comunale»;


· «l’esonero in parola si risolverebbe in una indiretta attribuzione di un vantaggio finanziario, che potrebbe reputarsi legittimo alla luce del principio generale elaborato dalla giurisprudenza contabile, secondo cui “se il fine è quello di soddisfare esigenze della collettività rientranti nelle finalità perseguite dal Comune (come tali generalmente ammissibili), l’erogazione di un finanziamento non può equivalere ad un depauperamento del patrimonio comunale, e ciò …in considerazione dell’utilità che l’ente o la collettività ricevono dallo svolgimento del servizio pubblico o di interesse pubblico effettuato dal soggetto che riceve il contributo” (cfr., ex multis, Corte conti, Sez. Controllo Lombardia 13.12.2007, n. 59; id., delib. n. 262 del 2012/PAR) (cfr. Corte dei Conti Piemonte – Sez contr., delib. n. 7/2019)»;


· «in tal senso soccorre anche l’orientamento giurisprudenziale per il quale “in base alle norme ed ai principi della contabilità pubblica, non solo non è rinvenibile alcuna disposizione che impedisca all’ente locale di effettuare attribuzioni patrimoniali a terzi, ove le stesse siano necessarie per conseguire i propri fini istituzionali, ma l’art. 118 della Costituzione impone espressamente ai Comuni di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per Io svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (cfr. Corte dei Conti Piemonte – Sez. contr., delib, n. 7/2019; Corte dei Conti Liguria – Sez. contr., delib. n. 23/2013)».
                                                  DIRITTO

  1. Ammissibilità della richiesta di parere.

  2. Preliminarmente il Collegio è chiamato a verificare l’ammissibilità soggettiva e oggettiva della richiesta di parere formulata ex art. 7, comma 8, della L. n. 131/2003 dal Comune di Adelfia: ciò in considerazione della natura eccezionale della funzione consultiva intestata alla Corte dei conti e della conseguente esclusione della possibilità di configurare l’attività, espressione di tale funzione, come consulenza generale sull’operato dell’Amministrazione.
    1.1 Ammissibilità soggettiva
    Ai sensi del citato art. 7, comma 8, della L. n. 131/2003 la richiesta di parere può essere formulata dalle Regioni e, tramite il Consiglio delle Autonomie locali se istituito, anche da Comuni, Province e Città metropolitane.
    Tuttavia, la mancata istituzione del Consiglio delle Autonomie locali (C.A.L.) nelle Regioni, ovvero il suo mancato funzionamento, non preclude la possibilità di attivare la funzione consultiva assegnata alla Sezione regionale di controllo, dovendosi in tal caso ritenere legittimati ad avanzare la relativa istanza i soli organi rappresentativi dell’ente locale (cfr. Sezione delle autonomie, atto di indirizzo 27.04.2004).
    Nella specie, la richiesta di parere è stata formulata dal Sindaco del Comune di Adelfia: deve, dunque, concludersi per l’ammissibilità soggettiva della richiesta medesima, poiché essa proviene da uno degli enti territoriali (Comune) tassativamente legittimati all’attivazione della funzione consultiva in esame ed è stata formulata dal sindaco, quale organo rappresentativo dell’ente medesimo ai sensi dell’art. 50, comma 2, del D.lgs. 18.8.2000, n. 267, TUEL.
    1.2 Ammissibilità oggettiva.
    Sotto il profilo oggettivo, affinché la richiesta di parere possa essere ritenuta ammissibile, occorre preliminarmente che il quesito afferisca alla materia della contabilità pubblica. Secondo i costanti approdi interpretativi della magistratura contabile tale materia può assumere un “ambito limitato alla normativa e ai relativi atti applicativi che disciplinano, in generale, l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo in particolare la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli” (Sezione delle autonomie, deliberazione n. 5/AUT/2006) e non può ampliarsi a tal punto da ricomprendere “qualsivoglia attività degli Enti che abbia, comunque, riflessi di natura finanziaria, comportando, direttamente o indirettamente, una spesa, con susseguente fase contabile attinente all’amministrazione della stessa ed alle connesse scritture di bilancio” (SS.RR. deliberazione n. 54/CONTR/2010).
    In maniera assolutamente conforme, la Sezione delle autonomie ha di recente ribadito che «alle Sezioni regionali di controllo non è stata attribuita una funzione di consulenza di portata generale, bensì limitata unicamente alla “materia di contabilità pubblica”. Dato che qualsiasi attività amministrativa può avere riflessi finanziari, è stato ritenuto che, ove non si adottasse una nozione strettamente tecnica di detta materia, si incorrerebbe in una dilatazione dell’ambito oggettivo della funzione consultiva tale da rendere le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti organi di consulenza generale dell’amministrazione pubblica.
    Pertanto, la nozione di contabilità pubblica – come ampiamente evidenziato da questanSezione nelle deliberazioni n. 5/SEZAUT/2006 e 3/SEZAUT/2014/QMIG – anche se da intendersi in continua evoluzione in relazione alle materie che incidono direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di bilancio, non può ampliarsi al punto da ricomprendere qualsivoglia attività degli Enti che abbia, comunque, riflessi di natura finanziaria e/o patrimoniale. Se è vero, infatti, che ad ogni provvedimento amministrativo può seguire una fase contabile, attinente all’amministrazione di entrate e spese ed alle connesse scritture di bilancio, è anche vero che la disciplina contabile si riferisce solo a tale fase discendente, distinta da quella sostanziale, antecedente, del procedimento amministrativo, non disciplinata dalla normativa contabile» (deliberazione n. 11/SEZAUT/2020/QMIG).
    La stessa Sezione delle autonomie ha inoltre chiarito che «l’ampliamento “dinamico” della nozione di contabilità pubblica non inerisce alle materie in sé considerate, quanto piuttosto alle specifiche questioni che, nell’ambito di tali materie, possono sorgere in relazione all’interpretazione di quelle norme di coordinamento della finanza pubblica che pongono limiti e divieti strumentali al raggiungimento degli specifici obiettivi di contenimento della spesa. Quando la richiesta di parere non sollecita l’interpretazione di tali norme, si è di là dai limiti oggettivi di competenza di cui all’articolo 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003» (deliberazione n. 9/SEZAUT/2022/QMIG).
    Infine tale Sezione ha tracciato la fondamentale distinzione «tra le norme che pongono limiti e divieti strumentali al raggiungimento di specifici obiettivi di contenimento della spesa e norme che hanno, invece, meri riflessi finanziari»; in particolare, «le prime rientrano in una nozione dinamica di contabilità pubblica; le seconde esorbitano dal suo ambito. Alle prime sono ascrivibili, ad esempio, le disposizioni che fissano limiti in materia di spese per il personale e vincoli alle capacità assunzionali correlati alla sostituzione di quello cessato (c.d. turn-over). La ratio sottesa a tali norme, infatti, consiste nell’esigenza di contenimento della spesa pubblica per il personale ai fini del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica» (deliberazione n. 9/SEZAUT/2022/QMIG).
    Oltre alla riferibilità del quesito alla materia della contabilità pubblica, ai fini dell’ammissibilità oggettiva della richiesta di parere, è necessario poi che il quesito medesimo: a) abbia rilevanza generale e astratta; b) non implichi valutazioni di comportamenti amministrativi o di fatti già compiuti né di provvedimenti formalmente adottati ma non ancora eseguiti; c) non crei commistioni con le altre funzioni intestate alla Corte dei conti, né contenga collegamenti con le funzioni giurisdizionali e requirenti della stessa Corte o con eventuali giudizi pendenti innanzi alla magistratura penale, civile o amministrativa.
    Difatti, pur essendo la richiesta di parere originata di regola da un’esigenza gestionale dell’Amministrazione istante, essa deve essere finalizzata ad ottenere indicazioni sulla corretta interpretazione di principi, norme e istituti riguardanti la contabilità pubblica, non potendo invece essere diretta ad ottenere indicazioni concrete per una specifica e puntuale attività gestionale (C. conti, Sez. reg. di controllo per il Veneto, deliberazione n. 88/2019/PAR).
    In altri termini, la richiesta di parere deve essere giustificata da un interesse dell’ente alla soluzione di una questione giuridica incerta e controversa, a carattere generale e astratto, al fine di evitare sia l’ingerenza della Corte nelle scelte gestionali da compiere (amministrazione attiva) sia l’esercizio di una funzione “consulenziale” (generale) sull’attività dell’Amministrazione locale (cfr. C. conti, Sez. reg. di controllo per la Puglia, deliberazioni n. 104/2010/PAR e n. 118/2009/PAR).
    Ciò posto, la questione si delinea ammissibile anche sotto il profilo oggettivo, entro i limiti relativi all’interpretazione delle norme sul canone unico patrimoniale, le quali si inquadrano nell’ambito della contabilità pubblica poiché riguardano l’acquisizione di entrate tributarie da parte dell’Ente comunale, ai fini di una sana gestione finanziaria dell’Ente stesso.
    In particolare, questa Sezione prenderà in esame il quesito formulato dall’Amministrazione comunale, astraendolo da ogni riferimento alla fattispecie concreta sottostante e offrendo esclusivamente una lettura interpretativa delle norme di contabilità pubblica che regolano la materia in oggetto.
  3. Nel merito.
    La valutazione del quesito non può che prendere avvio dall’esame delle disposizioni che disciplinano il cd. canone unico patrimoniale, il quale – a decorrere dal 1° gennaio 2021 – ha sostituito la tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, il canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni, il canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari e il canone di cui all’art. 27, commi 7 e 8, del d.lgs. n. 285/1992 (Codice della strada).
    Il riferimento è all’art. 1, commi 816 e seguenti, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, (recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022″).
    Più nel dettaglio vengono in rilievo i commi appresso indicati:
    · il comma 816 prevede che “A decorrere dal 2021 il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, ai fini di cui al presente comma e ai commi da 817 a 836, denominato «canone», è istituito dai comuni, dalle province e dalle città metropolitane, di seguito denominati «enti», e sostituisce: la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni, il canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari e il canone di cui all’articolo 27, commi 7 e 8, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, limitatamente alle strade di pertinenza dei comuni e delle province. Il canone è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi”;
    · il comma 817 stabilisce che “Il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe”;
    · il comma 819 dispone che “Il presupposto del canone è:
    a) l’occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico;
    b) la diffusione di messaggi pubblicitari, anche abusiva, mediante impianti installati su aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti, su beni privati laddove siano visibili da luogo pubblico o aperto al pubblico del territorio comunale, ovvero all’esterno di veicoli adibiti a uso pubblico o a uso”;
    · il comma 824 sancisce che “Per le occupazioni di cui al comma 819, lettera a), il canone è determinato, in base alla durata, alla superficie, espressa in metri quadrati, alla tipologia e alle finalità, alla zona occupata del territorio comunale o provinciale o della città metropolitana in cui è effettuata l’occupazione. Il canone può essere maggiorato di eventuali effettivi e comprovati oneri di manutenzione in concreto derivanti dall’occupazione del suolo e del sottosuolo, che non siano, a qualsiasi titolo, già posti a carico dei soggetti che effettuano le occupazioni. La superficie dei passi carrabili si determina moltiplicando la larghezza del passo, misurata sulla fronte dell’edificio o del terreno al quale si dà l’accesso, per la profondità di un metro lineare convenzionale. Il canone relativo ai passi carrabili può essere definitivamente assolto mediante il versamento, in qualsiasi momento, di una somma pari a venti annualità”;
    · il comma 826 prescrive che “La tariffa standard annua, modificabile ai sensi del comma 817, in base alla quale si applica il canone relativo alle fattispecie di cui al comma 819, nel Pagina 6 di 9 caso in cui l’occupazione o la diffusione di messaggi pubblicitari si protragga per l’intero anno solare è la seguente:
    Classificazione dei comuni Tariffa standard
    Comuni con oltre 500.000 abitanti euro 70,00
    Comuni con oltre 100.000 fino a 500.000 abitanti euro 60,00
    Comuni con oltre 30.000 fino a 100.000 abitanti euro 50,00
    Comuni con oltre 10.000 fino a 30.000 abitanti euro 40,00.
    Comuni fino a 10.000 abitanti euro 30,00”.
    Ricostruito il quadro normativo di riferimento, la Sezione ritiene che il Comune non possa disporre alcun esonero dal pagamento del canone unico patrimoniale, neppure in riferimento ad una limitata casistica e per periodi temporali ristrettissimi.
    Depongono per la soluzione appena prospettata sia il chiaro tenore letterale delle disposizioni in precedenza richiamate sia un’interpretazione delle stesse attenta alla ratio sottesa all’istituzione del canone unico patrimoniale.
    Sotto il primo profilo, la normativa in esame impone ai comuni, alle province e alle città metropolitane di disciplinare il canone in parola in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone stesso, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica del valore della tariffa-base indicata dal Legislatore statale all’interno del comma 826 dell’art. 1 della L. n. 160/2019.
    In altri termini, il Legislatore statale ha attribuito agli Enti territoriali il potere di disciplinare il canone unico patrimoniale in modo da garantire l’invarianza di gettito anche eventualmente attraverso la modifica delle tariffe, così operando un bilanciamento tra la necessità di predeterminazione statuale della tariffa -base, al fine di garantire il rispetto della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost., e l’esigenza di tutelare l’autonomia finanziaria dei singoli Enti territoriali riconosciuta dagli artt. 117, 118 e 119 Cost..
    Alla luce di quanto precede, è evidente che un eventuale esonero (totale o parziale) dal pagamento del canone unico patrimoniale comporterebbe una diretta diminuzione delle entrate del bilancio dell’Ente territoriale, in violazione della disciplina recata dall’art. 1, commi 816 e ss., della L. n. 160/2019 che – come anticipato – esige l’invarianza di gettito.
    Sotto il diverso profilo della ratio ispiratrice della disciplina in parola, deve rilevarsi che l’istituzione del canone unico patrimoniale, con la contestuale predeterminazione di una tariffa-base annua, è chiaramente tesa a garantire omogeneità e parità di trattamento su tutto il territorio nazionale, evitando che il singolo Ente territoriale possa autonomamente e arbitrariamente fissare in modo incongruo il canone di cui al citato art. 1, commi 816 e ss., della L. n. 160/2019.
    In questa prospettiva, un eventuale esonero (totale o parziale) dal carico fiscale si tradurrebbe in un vantaggio solo per alcune categorie di soggetti, in tal modo realizzando una ingiustificata disparità di trattamento e vanificando il fine che ha animato il Legislatore nell’emanazione della disciplina sul canone unico patrimoniale.
    Infine, si ritiene opportuno rammentare che il Legislatore ha previsto specifici regimi derogatori in materia di canone unico patrimoniale limitatamente ad alcune categorie di soggetti e per periodi di tempo circoscritti, con l’intento di porre rimedio a specifiche situazioni emergenziali di natura sanitaria.
    In particolare, l’art. 1, commi 706 e 707, della L. 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022) ha prorogato al 31 marzo 2022 l’esenzione dal pagamento del canone unico a favore degli stessi soggetti indicati nell’art. 9-ter, commi da 2 a 5, del D.L. n. 137/2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 176/2020.
    Tale ultima disposizione – al fine di promuovere la ripresa delle attività turistiche danneggiate dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 – aveva infatti disposto l’esonero dal pagamento del canone unico patrimoniale, dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021, per le imprese di pubblico esercizio di cui all’art. 5 della L n. 287/1991, titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l’utilizzazione del suolo pubblico.
    Ciò posto, si deve ritenere che, al di fuori delle ipotesi derogatorie appena esposte, trovi applicazione la disciplina generale di cui all’art. 1, commi 816 e seguenti, della L. n. 160/2019, la quale esclude che l’Ente territoriale possa disporre l’esonero (totale o parziale) dal pagamento del canone unico patrimoniale.
                                                          P.Q.M.
    La Sezione regionale di controllo per la Puglia rende il parere nei sensi di cui in motivazione.
    La presente deliberazione sarà trasmessa, a cura della Segreteria, all’Amministrazione interessata.
    Così deliberato in Bari nella camera di consiglio del 19.05.2023.
    Il Magistrato relatore Il Presidente
    F.to Benedetta CIVILLA F.to Enrico TORRI
    Depositata in Segreteria il 31 maggio 2023
    Il Direttore della Segreteria
    F.to Salvatore SABATO

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